Agosto 2011 – Settimana Estiva

UNA SETTIMANA IN BOSNIA…PERCHE’ NO?

L’attuale situazione in Bosnia richiede un aiuto per ricucire il tessuto sociale dilaniato dalle atrocità della pulizia etnica.“Perché no?” e tutti gli altri comitati della Provincia di Padova che operano in Bosnia, cercano di creare un contatto tra “noi” e “loro”. In questo paese ci sono due comunità, differenti per cultura e religione, che diffidano l’una dall’altra. Il solco scavato dalla guerra è profondo; il proposito di queste associazioni è di gettare un ponte tra queste diverse comunità affinchè ritrovino la strada del dialogo.

Ottocento chilometri possono spaventare quando non sai cosa ti aspetta; tredici ore di viaggio ti sembrano infinite stretti in cinque in una macchina; hai tutto il tempo di immaginarti qualsiasi cosa di un paese sconosciuto, di cui sai molto poco, e quel poco l’hai sentito dai telegiornali durante quegli anni terribili di guerra. Ma dopo una settimana trascorsa tra le colline di Soko nemmeno ricordi quali erano quelle preoccupazioni, ti rimane solo la nostalgia e la voglia di tornarci al più presto.

Il nostro viaggio è partito un po’ per caso, spinte ognuna da una motivazione diversa abbiamo sentito parlare dell’associazione “Perché no?” di Cittadella, attiva dal 2004 che opera principalmente in Bosnia Erzegovina ma anche in Italia, soprattutto a Cittadella e dintorni. L’associazione durante l’anno organizza eventi culturali per farsi conoscere nel territorio, partecipando a feste ed eventi per raccogliere i fondi necessari al mantenimento dei progetti in corso e allo sviluppo di nuovi.

Il gruppo “Perché no?” venne alla luce inizialmente da volontari di Cittadella provenienti dal comitato “Una mano” attivo in Bosnia dal 1999, ai quali si aggiunsero alcuni volontari che facevano parte del primo comitato di Cittadella scioltosi nel dicembre del 1998. Durante la guerra in Bosnia dal 1992 al 1995 fu operativo anche un comitato di Fontaniva, che operava soprattutto con i campi profughi presenti in Croazia nell’isola di Krk e nella costa Dalmata fino a Senj.

Scoprimmo con molto stupore che in qualche modo le origini di questo progetto sono anche a Fontaniva!

Iniziando a frequentare le riunioni preparatorie alla settimana estiva, siamo state rapite dall’entusiasmo dei “vecchi” volontari (che spesso sono più giovani di noi!) e dalla passione con cui ci parlavano della Bosnia, degli amici che avevano incontrato e di tutti i loro ricordi. Avevamo il dubbio che la nostra presenza fosse superflua in un paese che un po’ alla volta sta cercando di dimenticare ed andare avanti da solo.

Ma poi siamo state convinte  che la nostra presenza è importante per il mantenimento dei rapporti

amichevoli tra i due paesi. Inoltre i bambini ogni estate attendono il nostro arrivo e il messaggio di pace viene trasmesso alla gente del posto soprattutto attraverso i racconti che i bambini fanno a genitori e parenti.

Se qualche aspettativa creata in noi poteva essere delusa dalla realtà, questo di certo non è successo!

 

Il nostro gruppo animatori,composto da circa 20 ragazzi e ragazze, si è suddiviso tra i due villaggi di cui l’associazione si occupa, Soko e Karanovac, il primo nella zona musulmana del paese, il secondo in quella serbo-ortodossa. La nostra destinazione era Soko, un villaggio di circa 2000 persone che vivono soprattutto di piccola agricoltura, un paese di cui non riesci a capirne la grandezza, tanto si estende tra colline, prati, fienili e case di mattoni a vivo. Dopo esserci sistemati nella nostra nuova abitazione, la scuola del paese, iniziamo l’esplorazione della zona, già affascinati dalle piccole e grandi differenze. Davanti a noi subito si presenta un cimitero musulmano, strette lapidi bianche ben diverse dalla solennità e imponenza delle nostre. Alle 17 meno un quarto, il muezzin ci ricorda con il suo richiamo alla preghiera che ci troviamo in un’altra terra.

Ci mettiamo alla ricerca di bambini da invitare ai giochi del giorno successivo, accolti dai grandi tra sguardi diffidenti e saluti ospitali. L’esperienza ravvicinata e diretta con altri stili di vita arriva presto; una bella

bambina affacciata all’apertura rettangolare di un muro di mattoni (una finestra!) attrae subito la nostra curiosità, la salutiamo,lei contraccambia e un istante dopo siamo accolti in casa da tre generazioni diverse di donne: nonna, madre e figlia.

Entriamo nell’essenziale ed umile dimora a piedi scalzi, un po’ intimoriti sorseggiamo il caffè turco generosamente offertoci e viviamo la povertà di una famiglia, forse la più disagiata di Soko.

La dura realtà della loro situazione sociale ci mette di malumore, ma la tenerezza della piccola Amina, contentissima della nostra presenza in casa, sdrammatizza il tutto.

L’apparente povertà delle case a volte stride con il sorriso e l’allegria dei bambini che ne escono. C’è Ayla per esempio, una bambina di sei anni che ogni giorno arriva alle attività incantevole come una principessa, con il suo vestitino rosa e le codine bionde. Quando la nonna la viene a prendere per raccogliere le patate nei campi, ci ricordiamo che nemmeno lei vive in una favola.

Un’altra realtà la viviamo quando la madre di un volontario bosniaco, Nedim, ci invita a cena a casa loro. E’ una famiglia benestante a Soko, ma la loro casa è molto umile. Ci accolgono con un bel sorriso ed un caloroso abbraccio, ci fanno togliere le scarpe e ci accomodiamo in terrazzo. Ci troviamo nel periodo di Ramadan quindi attendiamo che il sole tramonti e, nel frattempo, beviamo il classico caffè turco.

Appena è sera la tavola si trasforma e si riempie di piatti tipici, cucinati rigorosamente dalla madre. Non ci alziamo finchè tutto non è finito (per loro avanzare qualcosa o rifiutare è segno di maleducazione o di non apprezzamento), e con la pancia piena e tante risate ringraziamo e salutiamo.

Le cose che accomunano le due realtà (benestanti e poveri) che abbiamo avuto modo di conoscere in prima persona, sono l’ospitalità e la generosità dimostrata nei nostri confronti; valori che noi stiamo perdendo a causa di tanti pregiudizi infondati.

 

Non si tratta più di una situazione di emergenza, d’intervento immediato e ricostruzione. Le generazioni si stanno succedendo e quello che più conta ora è instillare nuove gocce di fratellanza, uguaglianza e rispetto tra culture che si sono odiate e trucidate. Le conseguenze sono ancora pesantissime, nelle menti e nei corpi dei bosniaci, l’incredibile quantità di mine antiuomo fa ancora vittime, l’ultima proprio il lunedì dopo il nostro arrivo quando uno sminatore è morto mentre cercava di rendere “finita” quell’infinità di trappole mortali sparsa per i campi e i fiumi. La sorprendente rete di associazioni venete, con il finanziamento della provincia di Padova, è attiva anche nell’aiutare le campagne anti-sminamento.

Uno dei momenti più significativi della settimana è stata la giornata dei “Giochi senza frontiere” quando i vari comitati hanno creato una giornata intera di giochi, mettendo insieme i bambini e ragazzi dei loro villaggi. Veramente lodevole l’organizzazione che dimostra da quanti anni ci si dedichi a questo progetto, e ancor più importante la novità di quest’anno: le squadre erano formate da bambini di villaggi di etnie diverse. Non musulmani contro serbi, Soko contro Karanovac ma squadra gialla contro viola per poi terminare la giornata con un tiro alla fune tutti insieme e un bel rinfresco.

Un altro evento importante che ha fatto cooperare i ragazzi dei nostri villaggi è stato lo spettacolo teatrale “Fiabe…d’improvviso”. Dopo un anno di preparazione e collaborazione tra “Perché no?”, il coro “Voci in bianco e nero” e le associazioni del luogo, è andato in scena al teatro di Gracanica e prossimamente verrà riproposto a Fontaniva.

Di sicuro dei momenti che hanno fatto dimenticare che ci trovavamo in un  paese ancora diviso, perché nei bambini questa separazione ancora non ha significato e speriamo, col nostro piccolo contributo, di riuscire a impedire che si crei, e ricordargli che se si riesce a collaborare e ad essere amici per un giorno, non c’è nessun motivo che ti impedisca di esserlo per tutta la vita.

Riguardando le foto di quei giorni pensiamo alla soddisfazione nel riuscire a far divertire quei bambini , a vederli ridere ed arrivare sempre entusiasti e in anticipo per giocare. Riuscire a coinvolgerli in qualsiasi attività è stato un sorprendente traguardo, e l’affetto che negli ultimi giorni di permanenza ci hanno trasmesso i bambini, anche i più vivaci, ancora ci commuove.

Si fa fatica a capire le grandi contraddizioni di un paese martoriato dal conflitto e ancora pieno di risentimento, nel quale però la gente, i giovani che abbiamo incontrato palesano una gran voglia di fare, voglia di riscattarsi, di ottenere una vita migliore. Entrare in contatto con persone di etnia diversa non è così complicato se ognuno si impegna a comprendere, accettare e rispettare le proprie diversità.

Credevamo sarebbe stato difficile poter instaurare velocemente un rapporto amichevole, viste le differenze culturali e linguistiche che ci separano, ma l’apertura e la  confidenza spontanea di molti di loro, ci hanno fatto ricordare le esperienze dei Grest a Fontaniva e dei campeggi come animatrici al Ghertele, portandoci alla conclusione che i sorrisi, gli sguardi e la voglia di giocare dei bambini di Soko non sono diversi da quelli dei bambini del resto del mondo.

Nadia Manfio, Erica Pasinato, Laura Silvello

 

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